giovedì 16 febbraio 2012

Vita di Nicola Esposito, il Bibliofilo Furioso.

Vita di Nicola Esposito, il Bibliofilo Furioso.

pubblicata da Dedicato a Pomigliano d'Arco il giorno venerdì 14 ottobre 2011 alle ore 2.26 ·

IL BIBLIOFILO FURIOSO
VITA DI NICOLA ESPOSITO
di Giovanni   Basile - Maddalena Selva - Annunziata esposito
CATALOGO PATRIMONIO LIBRARIO ANTICO (SECC. XVI-XIX)
DELLA BIBLIOTECA “NICOLA ESPOSITO” ACQUISITA DAL COMUNE NELL’ANNO 2000 
(fornito dalla Biblioteca del Comune di Pomigliano d'Arco)

Nicola Esposito è stato un Illustre bibliofilo pomiglianese.
Il vasto orizzonte degli interessi del prof. Nicola Esposito, la sua sensibilità, lo
portavano ad appassionarsi a tutti i generi dello scibile umano, come testimoniano gli
innumerevoli testi da lui pazientemente raccolti. La collezione di libri spazia tra lo
scientifico e il religioso, l'artistico e lo storico, il sociale e il politico, il musicale e il teatrale,
ed è composta da romanzi, saggi, manuali, cataloghi, monografie, riviste, enciclopedie
e dizionari.

Si propone un aneddoto stralciato dalla vita di Nicola Esposito :
.....…….Si presentò alle elezioni amministrative comunali del 1946 come indipendente in rappresentanza de “L’Uomo Qualunque” nella lista liberale del “Cavallo” capeggiata dal comm. Ercole Cantone,3 e all’epoca, durante i comizi
o riunioni politiche, si cantava spesso un motivetto, noto anche al popolo, che costituiva una sorta di inno di quel partito:

“A meglia ‘e tutte”- Sonn’asciute ‘e liste,
e, ‘a verità,
‘a cchiù meglia ‘e tutte è chesta ccà,
chesta ch’è de’liberale,
addò nce sta
chi sape fa
e amministrà.
Uommene ‘e core, uommen’e buntà
ca cu maniera e signorilità,
sanno cu’ tutte, ricche e povere, trattà.
E’ chest’a lista ca ognuno addà vutà,
addà vutà pè nun sbaglià.
Chesta è a lista d’a sincerità,
addo ognuno penza, dice e fa
tutto chello ch’è p’ammore
a Dio, a Patria
a tutta la comunità!...
Ma che cristiane stanne ccà?
Nun se ponno proprio suppurtà!...
‘Nvece e prerecà l’ammore,
non sanno fà
ca semmenà contrarietà...
Leone mio, che può cumbinà?
Va là, vattenne, a chi vuò mpapucchià?
Cu chillu tale ro Nutaro, a verità,
he fatto n’ambo ch’è na vera rarità,
na rarità pe’ ‘sta città!...
Pure dduje
pagliette’ e qualità
stanno dint’a lista e chisti ccà...
Da diavule a...bizzuoche!...
Embè, si sa,
è stato p’opportunità!...

Riuscì a farsi una buona “campagna pubblicitaria” e da allora tutto il paese cominciò a conoscerlo e a riconoscere la sua cultura. La suddetta lista, trionfò mirabilmente e tale fu la sua gioia che lo stesso comm. Cantone, lo scelse più che come assessore, come suo uomo di fiducia. Nel 1947 coprì pertanto l’incarico di Assessore all’Igiene..............

La Storia dell'IRI

La Storia dell'IRI

pubblicata da Dedicato a Pomigliano d'Arco il giorno mercoledì 12 ottobre 2011 alle ore 19.47 ·

IRI – Istituto di Ricostruzione Industriale
(a cura di Luigi iodice)
L’IRI, acronimo di Istituto per la Ricostruzione Industriale, è stato un ente pubblico italiano, istituito con R.D.L. 23 gennaio 1933 al fine di evitare il fallimento delle principali banche italiane (Commerciale, Credito Italiano e Banco di Roma) e con esse il crollo dell’economia, già provata dalla crisi economica mondiale iniziata nel 1929.
Nel dopoguerra allargò progressivamente i suoi settori di intervento e fu l'ente che modernizzò e rilanciò l'economia italiana durante soprattutto gli anni '50 e '60; nel 1980 l'IRI era un gruppo di circa 1.000 società con più di 500.000 dipendenti. Per molti anni l'IRI fu la più grande azienda industriale al di fuori degli Stati Uniti d'America; nel 1992 chiudeva l'anno con 75.912 miliardi di fatturato ma con 5.182 miliardi di perdite . Ancora nel 1993 l'IRI si trovava al settimo posto nella classifica delle maggiori società del mondo per fatturato con 67.5 miliardi di dollari di vendite. Trasformato in società per azioni nel 1992, cessò di esistere nel 2002.

L’IRI, quando fu costitutita, comprendeva due sezioni autonome: la sezione Finanziamenti e la sezione Smobilizzi.

La prima aveva per scopo la concessione di mutui alle aziende per il loro perfezionamento tecnico e la razionalizzazione della loro struttura economica e finanziaria. I fondi necessari per tale attività potevano essere attinti, oltre che al capitale proprio, anche mediante emissione di obbligazioni.
La sezione Smobilizzi doveva riorganizzare il settore industriale subentrando all'Istituto di Liquidazioni ed ereditandone le numerose partecipazioni azionarie. In pratica aveva lo scopo di risanare l'apparato produttivo duramente provato dalla I guerra mondiale e dalla grande crisi del 1929-33, e di rilevare le partecipazioni azionarie che appesantivano il patrimonio di alcuni istituti bancari.

Le funzioni della sezione Finanziamenti furono trasferite all'Istituto Mobiliare Italiano con R.D.L. 12 marzo 1936, n. 376, e le attività e passività furono passate alla sezione Smobilizzi. Il decreto 24 giugno 1937, n. 905, stabilì che l'IRI fosse costituito in ente finanziario di diritto pubblico per la gestione delle partecipazioni azionarie e attività a esso già affidate, assumendone in certi casi di nuove e smobilizzando gradualmente quelle che lo Stato non avesse più interesse a conservare. Lo statuto fu approvato con D.L. 12 febbraio 1948, n. 51: secondo quanto in esso stabilito, l'IRI aveva il compito di svolgere iniziative finanziarie mediante le partecipazioni possedute e di emettere, in corrispondenza di determinate operazioni, serie speciali di obbligazioni, ma non poteva dedicarsi alla raccolta del risparmio come un istituto bancario.

Nel 1968 l'IRI passava sotto le direttive del Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica (CIPE), mentre il bilancio veniva presentato annualmente per l'approvazione al ministro per le Partecipazioni Statali, unitamente alle relazioni del Consiglio di amministrazione e del Collegio sindacale.
Le diverse società del gruppo IRI erano suddivise in cinque settori, facenti capo ciascuno a una società finanziaria. Per il settore delle telecomunicazioni la capogruppo era la STET, costituita nel 1933; per le aziende di navigazione la Finmare (1936); per il settore siderurgico la Finsider (1937), diventata ILVA nel 1988; per quello meccanico la Finmeccanica (1948); per quello cantieristico la Fincantieri (1959); per quello elettrico la Finelettrica (1952), soppressa con la costituzione dell'ENEL (1962).

L'ente raccoglieva più di un terzo delle imprese presenti nell'area pubblica, per alcune delle aziende deteneva inoltre una partecipazione diretta: per esempio, della Banca Commerciale Italiana, del Credito Italiano e del Banco di Roma, nel settore creditizio; della SME, della COFIRI, della SOFIN, nel settore finanziario; della Alitalia, nel settore dei trasporti; della RAI, nelle comunicazioni; della società Autostrade, nelle costruzioni e nella gestione della rete stradale; della IRITECNA, che poi avrebbe incorporato l'Italstat e l'Italimpianti, nell'impiantistica; delle Acciaierie del Tirreno, della CERIMET, della SADEA, della SISMA, nella metallurgia.

Gli investimenti ed i salvataggi

L'IRI pose in essere grandissimi investimenti nel Sud Italia, come la costruzione dell'Italsider di Taranto e quella dell'AlfaSud di Pomigliano d'Arco e di Pratola Serra in Irpinia; altri furono programmati senza essere mai essere realizzati, come il centro siderurgico di Gioia Tauro .
Per evitare gravi crisi occupazionali, l'IRI venne spesso chiamato in soccorso di aziende private in difficoltà: ne sono esempi i "salvataggi" della Motta e dei Cantieri Navali Rinaldo Piaggio e l'acquisizione di aziende alimentari dalla Montedison; questo portò ad un incremento progressivo di attività e dipendenti dell'Istituto.

Gruppo IRI – andamento numero dipendenti
Anno Dipendenti
1938 201.577
1950 218.529
1960 256.967
1970 357.082
1980 556.659
1985 483.714
1995 263.000

Tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio degli anni Novanta, il forte indebitamento dello Stato, che rendeva difficile il versamento dei fondi di dotazione all'IRI, e la sopravvenuta difficoltà del gruppo, che non riusciva a disporre più di capitale cospicuo per finanziare i nuovi investimenti, rendevano ormai inevitabile la vendita delle società che operavano in quei settori ritenuti non più strategici.

Venivano, quindi, vendute prima le società della Finsider (dal 1988), poi quelle dell'ILVA (dal 1993) e dell'IRITECNA (dal 1994) e, nello stesso tempo, veniva decisa la trasformazione dell'IRI in società per azioni (1992).

Proseguendo in questo processo di privatizzazione, l'IRI cedeva anche il controllo del Credito Italiano (1993), della Banca Commerciale Italiana (1994) e della Banca di Roma (1997), operazione che decretava la sua definitiva uscita dal settore bancario.

Nel triennio 1994-1996 veniva, inoltre, messa in liquidazione la SME, cui facevano capo Autogrill (distribuzione autostradale) e GS (grande distribuzione).

Con la cessione della Dalmine (1996), l'IRI completava, dunque, anche il processo di privatizzazione dell'intero settore siderurgico avviata nel 1993.

La privatizzazione delle società controllate dall'ente, comunque, non sembrava fermarsi alla fine del sec. XX, nonostante questo continuasse a detenere l'intero capitale o solo parte di aziende come: Alitalia (53%), COFIRI (100%), Fincantieri (83%), Finmeccanica (54%), Fintecna (100%), RAI (99,5%) e Tirrenia (85%).

Nel 1997, venivano cedute Condotte e Italstrade, nel settore impiantistico, e nel settore delle telecomunicazioni, privatizzata la STET, a cui seguiva nel 1999 l'OPAS della Telecom Italia.

Nel settore della navigazione marittima, nel 1998 venivano inoltre vendute l'Italia di Navigazione e la Lloyd Triestino, mentre nel 1999 veniva dato il via alla privatizzazione degli Aeroporti di Roma (AdR) e nel 2000 erano cedute le quote di partecipazione della Finmeccanica e della COFIRI.

La liquidazione dell’IRI

Le poche aziende (Finmeccanica, Fincantieri, Fintecna, Alitalia e RAI) rimaste in mano all'IRI furono trasferite sotto il diretto controllo del Tesoro. Nonostante alcune proposte di mantenerlo in vita, trasformandolo in una non meglio precisata "agenzia per lo sviluppo", il 27 giugno 2000 l'IRI fu messo in liquidazione e nel 2002 fu incorporato in Fintecna, scomparendo definitivamente.

(da Sapere.it e Wikipedia)

l'Ing Nicola Romeo

l'Ing Nicola Romeo

pubblicata da Dedicato a Pomigliano d'Arco il giorno mercoledì 12 ottobre 2011 alle ore 19.40 ·

Nicola Romeo nacque a Sant'Antimo (Napoli) il 28 aprile 1876 da Maurizio e Consiglia Taglialatela, in una famiglia lucana originaria di Montalbano Jonico (che gli ha dedicato una via); le modeste condizioni della famiglia lo costrinsero a recarsi a piedi dal suo paese natale all'istituto tecnico che frequentava a Napoli e a dare ripetizioni per mantenersi agli studi. Negli studi superiori ebbe modo di avvicinarsi e di raggiungere grande dimestichezza con le discipline matematiche anche grazie al padre, maestro elementare, che lo indirizzò sapientemente negli studi. Conseguita nel 1899 la laurea in ingegneria presso il politecnico di Napoli (oggi facoltà di ingegneria dell'Università degli Studi di Napoli Federico II), a soli 23 anni, si trasferì a Liegi, in Belgio, dove si laureò in ingegneria elettrotecnica. Dopo diversi tentativi di trovare lavoro presso varie società europee gli venne offerto un posto di capostazione a Tivoli presso Roma, ma l'ingegnere rifiutò. Tornato in Italia lavorò come rappresentante di industrie belghe che esportavano macchinari.

La nascita dell'Alfa Romeo

Nel 1911 , l'Ing. Nicola Romeo fondò la "Società in accomandita semplice Ing. Nicola Romeo e Co." per la produzione di macchinari per le attività estrattive. Nel 1909 gli stabilimenti di Portello presso Milano della "Società italiana di automobili Darracq" furono rilevati da un gruppo di imprenditori che avevano fondato l'"Anonima Lombarda Fabbrica Automobili" (A.L.F.A.), e nel 1915 da Nicola Romeo, che li riconvertì alla produzione bellica. Con l’aiuto dei suoi potenti impianti di aria compressa, Nicola Romeo approntò nel 1916 la famosa esplosione del Col di Lana.
 Il dopoguerra (I guerra mondiale)

Dopo la fine della guerra nel 1918 la società, che aveva assorbito anche le "Costruzioni Meccaniche di Saronno", le "Officine Meccaniche Tabanelli" di Roma e le "Officine Ferroviarie Meridionali" di Napoli, cambiò nome in "Società anonima Ing. Nicola Romeo e Co.". L'azienda dovette affrontare i problemi della riconversione post-bellica e della recessione ed ottenne aiuti dal Consorzio per Sovvenzioni sui Valori Industriali. La società aveva come obiettivi la produzione di diversi tipi di veicoli e macchinari, ma di fatto si specializzò nelle autovetture e conseguì una notevole fama per i suoi successi sportivi. Lo stabilimento di Portello riprese a produrre automobili progettate dal tecnico Vittorio Jano, che precedentemente aveva lavorato alla FIAT. Le vetture furono commercializzate con il marchio Alfa Romeo, dopo una battaglia legale per il nome "Alfa" con i vecchi proprietari della fabbrica. Nel 1920 nacque la Torpedo 20-30 HP ES e nel 1923 il modello RL, con cui il pilota Ugo Sivocci conquistò la prima delle dieci vittorie nella Targa Florio. Nel 1924 fu presentata la P2.

L'azienda si occupava anche di elettrificazione delle ferrovie e costruzione di locomotive elettriche negli stabilimenti di Saronno. In particolare è nota la sua collaborazione con l'ingegner Kálmán Kandó, progettista della Ganz e pioniere della trazione elettrica ferroviaria in Europa.
Negli anni venti una seconda crisi si ebbe per il fallimento della Banca Italiana di Sconto che deteneva la maggioranza delle azioni. La necessità di drastici cambiamenti per il salvataggio dell'azienda fece deteriorare i rapporti tra Nicola Romeo e gli altri soci; l'ingegnere lasciò l'impresa nel 1928. Nel 1929 venne nominato senatore del Regno.
 
L'ingegnere lasciò l'impresa nel 1928. Nel 1929 venne nominato senatore del Regno.

Vittorio Imbriani

Vittorio Imbriani

pubblicata da Dedicato a Pomigliano d'Arco il giorno sabato 1 ottobre 2011 alle ore 12.17 ·
Vittorio Imbriani
Vittorio Imbriani

Vittorio Imbriani, nato a Napoli nel 1840 ed ivi morto nel 1886, fu patriota e letterato.

Figlio di Paolo Emilio, trascorse, col padre esule,la giovinezza a Torino e frequentò a Zurigo le lezioni di F. De Sanctis.

Partecipò alle guerre d’indipendenza del 1859 e del 1866 (volontario garibaldino).

Nel 1885 ebbe la cattedra di estetica all'Università di Napoli.

Spirito bizzarro ed estroso, temperamento fiero e combattivo, fu uno dei più significativi esponenti della cultura meridionale post-unitaria.

Trascorse gran parte della sua vita a Napoli e a Pomigliano, nella casa avita degli Imbriani, ereditata dalla nonna Caterina De Falco.

Divenuto cittadino di Pomigliano, rivolse a questa terra un interesse più letterario che affettivo ; ne fu consigliere comunale, assessore e sindaco.
Come amministratore di Pomigliano si adoperò per la istituzione di un asilo infantile, per la scuola elementare pubblica, e per la costruzione di un tronco ferroviario che congiungesse Pomigliano a Napoli.

I suoi resti riposano nel cimitero di Pomigliano nella cappella gentilizia degli Imbriani-Poerio, dichiarata monumento nazionale con R.D. n° 65 del 23 gennaio 1930

Lo Stemma del Comune di Pomigliano d'Arco

Lo Stemma del Comune di Pomigliano d'Arco

pubblicata da Dedicato a Pomigliano d'Arco il giorno sabato 1 ottobre 2011 alle ore 12.15 ·

Stemma del Comune di Pomigliano d'Arco (NA)

Profilo araldico dello stemma (da Araldica Civica)

"Un ramo con due foglie ai lati ed una mela inscritte in una cornice circolare dorata inserita in uno sfondo di colore rosso"


Storia di Pomigliano d’Arco

( http://www.liceocantone.it/index.html ; Wikipedia)

Pomigliano d'Arco, nasce da un accampamento romano, quando dopo la seconda guerra punica, l'egemonia di Roma sull'Italia, si affermò ancora di più. In seguito alla caduta dell' impero romano, divenne terra di conquista da parte dei Barbari, dei Bizantini, ed infine dei Longobardi. Le popolazioni vivevano in uno stato di miseria assoluta, dipendevano da chiese, conventi, o da un signore, cui li legavano o prestazioni, o servizi personali. Con il passare del tempo, questi coloni, cominciarono a migliorare le loro condizioni di vita, aggregandosi in piccoli villaggi, dando origine a Pomigliano d'Arco. Attualmente, Pomigliano d’Arco è la città del Meridione nota per avere uno dei poli industriali più importanti del Sud. Negli ultimi anni ha cambiato fisionomia, annoverando una serie di concretezze, che ne hanno cambiato il volto, le vocazioni, le aspirazioni.

Origini del nome

Riguardo all'appellativo di Pomigliano si fanno due ipotesi. La prima si riferisce al fatto che i padri fondatori si raccolsero nel luogo detto della gens romana Pomèlia (o Pomilia), e perciò detto Pomelianum, intorno alla chiesa di S. Felice, mentre la seconda ipotesi presume che Pompilianus sta a significare: territorio appartenente alla famiglia dei Pompilii.
A differenza di Pomigliano d'Atella, il cui nome deriva con quasi assoluta probabilità da pumus e anus, e vuol dire dunque terra delle mele, Pomigliano d'Arco in epoca romana era detta, in base alla seconda ipotesi, Pompilianus che deriva da nome gentilizio Pompilius, e quindi significa "territorio dei Pompilii". Il nome Pompilianus è poi diventato in dialetto locale Pompigliano e in italiano ha perso la p.
Pertanto l'utilizzo nello stemma comunale di una mela è da ritenersi sbagliato, così come l'utilizzo delle fragole nello stemma della città di Afragola o del cardillo nello stemma del comune di Cardito (il cui toponimo deriva invece da cardus, cardo).

La specificazione "d'Arco" è da ricondurre a un acquedotto ad archi fatto costruire dall’Imperatore Claudio nell’anno 20 a.C che fino al XVIII, era visibile in Pacciano.
Questo acquedotto conduceva l'acqua dal monte Serino a Napoli. "Arco" è un toponimo ricorrente nel circondario di Afragola: da ovest a est Arcopinto, Arc(h)ora o Arc(h)ore, Pomigliano d'Arco, Madonna dell'Arco.

Cronologia degli eventi più significativi

•Nel 1237 nella Biblioteca Nazionale di Firenze, fu rinvenuto un diploma del RE Carlo I D’Angiò ,nel quale si legge che Pomigliano Foris Arcora, era il 33° Casale di Napoli. Come tale usufruì per molti decenni dei tanti vantaggi ad essi attribuiti. In questo periodo Pomigliano D’Arco era diviso in due quartieri: Chiazza, dal nome dell’ antico palazzo Primicile circondato da una grande piazza: Chiazza dei Primicile; il secondo quartiere si chiamò Terra che comprendeva l’attuale via Vittorio Emanuele.

•Nel 1499, Pomigliano D’Arco fu saccheggiata dai francesi ,sotto il Re Carlo III D’Angiò.

•Nel 1631, l’eruzione del Vesuvio, distrusse parte di questa città e l’acquedotto Carmigliano.

•Nel 1860 fu capoluogo di circondario e dipendeva dal dipartimento Terra di Lavoro, dalla provincia di Capua e dal distretto di Casoria.

•Nel 1887 cominciò lo sviluppo industriale

•Nel 1939, con la nascita dell’Alfa Romeo, inizia per Pomigliano D’Arco l’epoca degli insediamenti industriali, che ne hanno deformato l’aspetto topografico, culturale e modificato anche le più antiche tradizioni.

•Nel 1940, fu aggiunto un terzo quartiere, detto delle "Palazzine" o "San Martino"