domenica 9 giugno 2013

Benedetta Gesuele su Pomigliano. Elaborato premiato nel Concorso Borse di studio "LUIGI DE FALCO". Anno 1999.

da Dedicato a Pomigliano d'Arco (Note) Venerdì 11 novembre 2011 alle ore 22.31

Pomigliano intorno agli anni '30. Via Vittorio Emanuele. Raccolta privata di luigi De Falco

 Pomigliano, ieri paese agricolo, oggi città industriale: trasformazioni sociali; evoluzioni antropologiche ed implicazioni etnico-religiose

Dalla pubblicazione degli elaborati premiati
del Concorso Borsa di Studio  “LUIGI DE FALCO”
Quaderno Anno 1999, concesso dalla Biblioteca Comunale di Pomigliano d’Arco
Benedetta Gesuele
Sociopsicopedagogico Scuola Magistrale "Cantone"
II C

Amo profondamente la mia città, ma nonostante ciò, passeggiando per una delle tante stradine di Pomigliano o posando distrattamente il mio sguardo su un monumento non mi sarebbe mai venuto in mente di chiedermi lì cosa ci fosse stato prima o chi abbia voluto tale monumento, e partendo dal presupposto che il passato spiega il presente mi avventuro nell’ardua impresa di scoprire com’è e com ‘era la mia città.
Non voglio fare una raccolta di ricordi, ma posare il mio interesse Sociale: i luoghi d ’incontro, le feste i giochi dei bambini, i mestieri e capire, anche se solo frammentariamente com ’era la collettività e cosa è in realtà cambiato.
Pomigliano si estende in una fertile conca ai piedi del Monte Somma; per secoli fu essenzialmente un paese agricolo, dove si lavorava ampiamente la canapa, il grano, le patate, ma anche l ’artigianato era ben sviluppato e maggiormente i mestieri del sarto, maniscalco, cordaio, però pochi si potevano permettere un vestito o un paio di scarpe su misura e, quindi, i calzolai e i sarti lavoravano per la maggior parte nei giorni di festa, ma anche gli altri artigiani non se la passavano bene e lavoravano solo per riparazioni.
La vita era molto povera, ma ricca di avvenimenti a sfondo sociale, da ricordare sono le feste, specialmente quella del Santo Patrono, S. Felice, o quelle per festeggiare le Madonne, che fanno trapelare una religiosità molto sentita e vissuta che purtroppo nella Pomiliano targata XXI secolo sta diventando quasi un ricordo.
Poi va ricordata la festa della “Pacchianella”, che fu fondata dai Padri Agostiniani.
“Pacchianella” è un vezzeggiativo usato per indicare i figli, infatti, proprio in questa festa, venivano consacrati i figli alla Madonna.
Il “Carnevale”, nella tradizione pomiglianese, era particolarmente sentito ed era proposta la tradizione popolare dei “Zezi”, una delle tante forme di teatro popolare. Tante altre erano le feste, alcune ancora celebrate, ma in modo meno vistoso, altre invece cadute in completo disuso, esse però sono documento di una cultura popolare
che è dimostrazione del bisogno di scambio e d’incontro.
I bambini e i giovani si riunivano nei cortili a giocare, intonando filastrocche, spesso senza senso, le donne parlavano attorno ai ai bracieri e perfino i Sacramenti, quali il matrimonio, venivano i vissuti all’insegna della collettività.
 Però tutti sanno che intorno al 1940, Pomigliano perse la sua vocazione agricola, per dare spazio all'industria, con la costruzione dell ’Alfa Romeo, proseguendo poi con l’Aeritalia e alla fine del 1960 l’Alfa Sud e l ‘Alfa Lancia.
La forte industrializzazione portò anche una forte modificazione  territoriale, infatti la popolazione aumentò a dismisura e furono costruiti nuovi alloggi per ospitarla oggi conosciuti meglio come le “Palazzine”.
Oggi la città è in continua ascesa per quanto riguarda l'’industrializzazione e non meno trascurabile è l’aspetto
commerciale.
Con la forte industrializzazione, i pomiglianesi, che uscivano distrutti dalla guerra, hanno conosciuto il benessere, ma sappiamo quanto abbiamo guadagnato, ma non sappiamo quanto abbiamo perso, a causa di un progresso travolgente che ha sconvolto le abitudini, i rituali, i mestieri, per lasciare spazio alla modernità.
Pomigliano, oggi, ha l’aspetto di una cittadina dai mille contrasti,  formata da un centro storico, con i suoi edifici vecchi, le stradine strette non asfaltate e in contrapposizione la parte moderna che assume giorno dopo giorno l’aspetto di una metropoli caotica e trafficata.
 Eppure solo 50 anni ci dividono dalle cose narrate prima, un qualcosa di recente eppure antico, ma soprattutto una società che oggi suona arcaica o persino inutile, ma e proprio in quei modelli culturali in cui oggi noi dovremo trovare una nostra identità e capire ciò che siamo guardando a quello che non siamo più, trovando le differenze, le trasformazioni storiche, sociali, culturali e a volte anche religiose.
Ora, non ho la certezza, o tantomeno la presunzione di aver capito in tutta la sua totalità la mia città, ma ho sicuramente compreso l’importanza del passato, che nonostante tutto non può essere cancellato e non posso fare altro che affidarmi alle parole del grande Luigi De Falco, che grazie ai ricordi, ci ha condotto a  rivivere la storia della nostra città, quando dice: “non dirmi - te ne prego che le pietre ammuffite dal viscido muschio, e le sagome delle persone di tanto tempo fa, non parlano più, o che sono morte ed io sono un matto a riesumarle! ".

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