domenica 9 giugno 2013

Giovanni Di Perna sulle trasformazioni ed evoluzioni di Pomigliano. Concorso Borse di studio “LUIGI DE FALCO”. Anno 1999

da Dedicato a Pomigliano d'Arco (Note) Mercoledì 16 novembre 2011 alle ore 23.26

1950 circa. Antonio Colella (detto 'o Puzzulano) cu 'nu carreco pesante tirato da 'na vacca e doie vitelle. (da Pummigliano ra 'e patane all'apparecchie di Giovanni Sgammato)

Pomigliano, ieri paese agricolo, oggi città industriale: trasformazioni sociali; evoluzioni antropologiche ed implicazioni etnico-religiose
Dalla pubblicazione degli elaborati premiati
del Concorso Borsa di Studio  “LUIGI DE FALCO”
Quaderno Anno 1999, concesso dalla Biblioteca Comunale di Pomigliano d’Arco
Giovanni Di Perna
I.T.I.S. “BARSANTI”
IV G

Ormai tutti sanno che Pomigliano d'Arco ha perso gran parte del  suo aspetto agricolo per dare spazio, agli inizi degli anni '40, allo  sviluppo industriale e tecnologico. D'altronde quest'evoluzione  economica è un problema comune a quasi tutta l’Italia. Molti sono i motivi che hanno spinto la popolazione all'abbandono del lavoro agricolo, specialmente nel nostro territorio vesuviano, intorno al  secolo XIX, dove i terreni fertili sono stati sottratti, all'agricoltura e utilizzati per l'espansione urbanistica. Ancora oggi il calo  nell ‘estensione dei terreni agricoli continua a verificarsi sia per  l’urbanizzazione forzata, sia per dare ai cittadini spazi verdi, anche  se in maniera meno spinta. Dalle interviste effettutate presso i miei  nonni sono venuto a conoscenza del fatto che negli anni passati  venivano coltivate alcune specie vegetali che, oggi, sono scomparse  come la canapa, il grano ed il granturco.

(da Storia di Pomigliano dalle origini di Basile-Esposito)
Le case che sorgevano vicino ai terreni agricoli venivano dette  "masserie". I contadini organizzavano la loro vita in maniera  semplice; ogni fase di lavoro rispettava il passaggio delle stagioni  e di conseguenza i prodotti che la terra offriva diventavano la  ricchezza delle famiglie. Ancora oggi alcune masserie sono attive  e rappresentano il simbolo della laboriosità dei nostri antenati pomiglianesi. Contemporaneamente anche l'artigianato andava  sviluppandosi con molti mestieri che, sfortunatamente, oggi stanno via via scomparendo. Tra i più importanti c'era l'arrotino,  l 'impagliatore, il cordaio, lo scalpellino e "o' guarnamentaro".
Ancora tempo fa c'era anche la "capera", la merlettaia, la tessitrice, la filatrice, il venditore di sugna, il venditore di fichi e il lupinaio,  cioè il venditore di lupini, che ancora oggi sentiamo gridare a  squarciagola per le nostre strade.

1936. Scuola Municipio a Pomigliano
La prima industria di Pomigliano d'Arco fu l'Alfa Romeo, che sorse nel 1939. La prima pietra fu  posta da Mussolini, tra l'entusiasmo e l'ilarità della popolazione che partecipò ad una manifestazione fascista che inneggiava alla nascita della prima industria. Con questo primo passo in avanti, che implicò la costruzione di un aeroporto e di diverse vie di comunicazione, come la strada ferrata della Vesuviana, iniziò la vera e propria industrializzazione per Pomigliano d'Arco.

1 Aprile 1939. Posa della prima pietra dello stabilimento Alfa Romeo a pomigliano. A Mussolini viene illustrato il plastico del nuovo stabilimento.Alla sua destra l'ing. Ugo Gobbato ed alla sua sinistra l'Architetto Alessandro Cairoli, progettista del nuovo insediamento industriale (da Città Alfa Romeo di Sergio Stenti)
Con un impiego iniziale di circa tremila addetti, l'Alfa Romeo intraprese la produzione di motori per aerei, in attesa dell'ampliamento dell'aeroporto militare. Gli aerei che vennero prodotti, dopo essere stati revisionati nell'aeroporto annesso alle officine, vennero impiegati per contrastare le incursioni nemiche durante la II Guerra Mondiale. Nell'ottobre del 1941 si procedette all'appalto dei lavori per ampliare e sistemare anche gli spazi degli  uffici e delle officine in via Fiume.

1942. Capannone di collaudo dell'Alfa Romeo sull'aeroporto di Pomigliano (da Città Alfa Romeo di Sergio Stenti)
D'altronde, in seguito alla  nascita dell'Alfa Romeo, a Pomigliano sorsero gravi problemi i sociali, tra cui, ricordiamo: l'allontanamento dei contadini dal  lavoro agricolo e la disoccupazione di quei contadini che dovettero  subire l'esproprio delle proprie terre.

Dopo tutto, però, queste problematiche si accentuarono quando i nel 1943, Pomigliano subì un feroce bombardamento, in cui lo  stabilimento dell'Alfa Romeo subì molti danni. Nonostante ciò, il nostro paese riuscì a riprendersi e a dare vita, di nuovo, alla propria fabbrica che, nel corso degli anni, si sviluppò ancora di più, soprattutto con la costruzione dell’Alenia. Oggi l'Alfa Romeo Avio e l ‘Alfa Sud, rispettivamente costruttrici di motori per aerei e di automobili, sono state rilevate dalla FIAT di Agnelli, assumendo il nome di Fiat-Avio e di Alfa-Lancia.

L'uomo pomiglianese, pertanto, ha subito dei mutamenti, specialmente nella vita. Prima egli era contadino e si preoccupava di dar da mangiare alla sua famiglia, facendosi aiutare anche dai figli. Oggi, invece, l'uomo operaio si preoccupa di mantenere il proprio posto di lavoro. Ritornando ai nostri tempi, la popolazione i del nostro paese è impiegata al 50% nelle industrie automobilistiche, chimiche, nei pastifici e nel settore industriale. Il livello culturale, ovviamente, è migliorato, soprattutto negli ultimi 50 anni, con la nascita di moltissime scuole di ogni ordine e grado. Un altro aspetto  fondamentale su cui soffermarsi è la religiosità dei pomiglianesi.

Anni '30. Statua di San Felice, Patrono di Pomigliano d'Arco davanti alla omonima Chiesa prima di una processione. Foto d'epoca. (da Ricerca storica fotografica di Luigi De Falco)
Il popolo di Pomigliano è sempre stato profondamente legato alle tradizioni popolari e religiose alle quali ha sempre partecipato con molta devozione. Le processioni con le statue del Santo che si festeggia, sono parte integrante della vita del paese.

L’avvenimento religioso si mescola con la voglia di divertirsi, dimenticando spesso la miseria e le soflerenze, tra il suono delle campane ed il bagliore dei fuochi d'artificio.
Le feste più sentite sono: l Epifania, il Carnevale, San Giuseppe, la Pasqua, il mese della Madonna, la festa patronale in onore del Santo Protettore, San Felice in Pincis, che cade di 14 gennaio.
Essa viene tuttora celebrata cosi come accadeva molti anni fa.
Prima, nel giomo del Santo, si celebra una messa solenne, con tre sacerdoti vestiti con paramenti d'oro. Poi alle ore 16.00 le campane suonano a distesa per chiamare il popolo alla chiesa; il suono  delle campane viene detto "mattutino ". Le manifestazioni religiose, x soprattutto per i ceti più nobili, assumono il carattere di uno spettacolo e diventano motivo di allegria collettiva, l’occasione per evitare le preoccupazioni di tutti i giorni.

Altra festa celebrata con grande partecipazione è la festa delle "Pacchianelle ". Essa venne introdotta nel 1900 dai Padri Agostiniani del Carmine. Successivamente venne ripristinata nel 1988.
Questa ricorrenza cadeva ogni 1 gennaio e può essere considerata come la festa della maternità. Ma oggi si festeggia la Madonna del Parto, la prima domenica dopo l ‘Epifania. Per quanto riguarda i giochi, quelli dei nostri nonni erano molteplici. Oggi abbiamo, invece, la tecnologia, i computer, la televisione, ma allora la meta di tutti i ragazzi era la strada. Essa era considerata come luogo di ritrovo ed era rallegrata dai giochi. Mentre le ragazzine giocavano alla "Settimana", a "cucinella". I ragazzi si divertivano col "carruciolo", un asse di legno con cuscinetti a sfera. Giocavano con lo "strummolo", un attrezzo di legno a forma di pera con un chiodo al vertice attorno al quale si avvolgeva una fune, poi si i dava uno strattone deciso, facendolo ruotare. C'erano anche i "ritrattielli", un tipo di figurine di oggi, con sopra stampati i ritratti  degli attori. Oggi, tutti questi divertimenti non esistono più in quanto la tecnologia ha "contaminato" anche i giochi dei fanciulli.

Vista Alfasud
Oggi i giochi si acquistano nei negozi e si regalano così, "belli e fatti", senza che il bambino cresca, rifletta e costruisco. E’ vero che il progresso ci ha migliorato la vita, ma è pur vero che ci ha
sottratto molte soddisfazioni e soprattutto la vita, portando all'abbandono delle nostre tradizioni e del nostro passato.

Giovanni Di Perna


Dalla pubblicazione degli elaborati premiati
del Concorso Borsa di Studio  “LUIGI DE FALCO”
Quaderno Anno 1999, concesso dalla Biblioteca Comunale di Pomigliano d’Arco

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